#Luoghidicuranondipaura vuole essere una campagna che partendo dalla raccolta di testimonianze sul tema della violenza medica, cerca di portare luce sul tema e creare mobilitazione e formazione per limitarla.
La violenza medica è quella che il personale sanitario (medicə, infermierə, personale amministrativo) mette in atto durante visite, operazioni, consulenze, accertamenti diagnostici – in contesti di assistenza pubblica o privata. Subire una procedura medica – es. operazioni, anestesie, valutazioni – senza il nostro consenso esplicito è violenza medica. Dover esibire parti del nostro corpo senza che sia necessario ai fini della visita o facendoci sentire a disagio è violenza medica. Non ricevere adeguate informazioni rispetto alle procedure mediche a cui si sta venendo sottopostə è violenza medica. Non ricevere adeguata assistenza e comprensione durante la comunicazione di una diagnosi è violenza medica. Non permetterci di avere accanto qualcunə che ci sostenga durante una procedura medica qualora ne sentissimo il bisogno è violenza medica.
In un caso su tutti, quello dell’aborto, è lampante l’esercizio della violenza da parte dello Stato e del suo sistema sanitario. Essi stigmatizzano la scelta dell’interruzione di gravidanza e la ostacolano in tutti i modi tramite cavilli e lentezze burocratiche, uso di linguaggio poco inclusivo da parte del personale medico, imposizioni di tempistiche deleterie per il benessere psicofisico di chi all’IVG ha richiesto accesso nel segno del più moralistico e giudicante “così ci pensi meglio”. L’utilizzo sistematico dell’obiezione esplicita o implicita, i continui ritardi del sistema sanitario ed i rimandi di una burocrazia discrezionale sono, nel loro complesso, i segni di come tale violenza viene perpetrata.
La campagna #luoghidicuranondipaura vuole dare voce a chi ha conosciuto – e troppo spesso affrontato in solitudine- tutte le facce della violenza in ambito sanitario, in un ampia varietà di ambiti (es. ginecologico, oncologico, psichiatrico). Il suo primo obiettivo è quello di fare risuonare le storie di chi non ha ricevuto ascolto e cura proprio nel momento in cui si trovava ad essere più vulnerabilə, stanchə e disorientatə.
In un’epoca in cui la cura viene considerata sempre di più un affare del singolo, pensiamo sia indispensabile collettivizzare e politicizzare le nostre singolari storie di incuria, sofferenza, sopruso. Di fronte al rischio di una silenziosa accettazione dello scarto di potere tra medico e paziente e di un ripiegamento nella sofferenza individuale, rivendichiamo il diritto ad una cura orizzontale, consensuale e co-costruita su misura dei bisogni di ciascun*. Vogliamo ridare dignità e risonanza alle nostre storie perché creino ponti di azione e di lotta, anzichè recinti di solitudine e paura. Vogliamo trasformare il sentimento di autocolpevolizzazione paralizzante che spesso la violenza innesca, in una rabbia trasformativa, capace di distruggere i tradizionali modelli sanitari assistenziali e generarne di nuovi, fondati sull’orizzontalità dei legami comunitari e sulla solidarietà.
Proprio per questo la campagna #luoghidicuranondipaura parte dalla raccolta di testimonianze per poi restituirle alla comunità in forma di sensibilizzazione e denuncia. Quello che vogliamo denunciare non è il singolo atto medico né il singolo operatore sanitario, ma una forma di violenza endemica e sistemica. Se crediamo che nessun* dovrebbe ricevere violenza all’interno degli spazi di salute, crediamo anche che nessun* dovrebbe lavorare in un contesto in cui quella violenza è strutturale.
Il servizio sanitario nazionale (SSN) sta venendo smantellato. A prescindere dai governi che di volta in volta si susseguono, esso viene sistematicamente considerato non produttivo e, pertanto, progressivamente dilaniato da tagli e aggiustamenti di bilancio. La pandemia del Covid-19 ha messo a nudo i profondi limiti e le mancanze di un SSN colpito dal processo di aziendalizzazione e da anni di ininterrotto definanziamento pubblico. Lo ha mostrato del tutto incapace di garantire il diritto alla salute, soprattutto alle persone più fragili, che si trovano ai margini della società e con maggiori bisogni.
La salute viene considerata non conveniente e lə cittadinə come merə clientə di un sistema privatizzato in cui le persone che detengono la competenza (politicə e professionistə sanitariə) -e di conseguenza il potere- prevaricano economicamente, fisicamente e psicologicamente chi necessit di assistenza perpetrando violenza. Essa si esplica anche nella corsa a diverse velocità che persone di classi sociali diverse adottano nel ricorrere alle cure mediche. E’ sotto gli occhi di tuttə il problema delle liste d’attesa infinite e spesso bloccate, che di fatto costringono al bivio tra il ricorso al settore privato o la rinuncia alle cure. In Piemonte, il centro unico di prenotazione (CUP) spesso propone in prima battuta la prenotazione presso strutture convenzionate, in alternativa a quella in strutture pubbliche, sfruttando il problema dell’indisponibilità di accesso in tempi brevi, ma di fatto normalizzando e palesando la disfunzionale, ma indispensabile interdipendenza tra SSN e strutture private. In netta antitesi con i principi fondativi del nostro sistema sanitario, è ormai evidente che l’accesso alla cura è legato a stretto giro con il benessere socioeconomico.
Un accesso egualitario alle risorse materiali, sociali ed ambientali è fondamentale per un’economia della cura. Perché dare valore alla cura è cosa ben diversa dall’attribuirle un valore di mercato. In questo scenario, riteniamo fondamentale una presa di parola da parte delle persone che lavorano all’interno dei luoghi di cura: non si può più rimanere in silenzio di fronte alla privazione del nostro fondamentale diritto alla salute, né pensare che “fare il nostro” sia sufficiente. Ci accorgiamo come, troppo spesso, sono proprio le condizioni strutturali in cui come operator* della salute ci troviamo a lavorare a facilitare, produrre e riprodurre un sistema di violenza che colpisce chi nelle strutture sanitarie arriva per ricevere assistenza.
Perché pazienti e personale medico giochino nella stessa squadra riteniamo indispensabile parlare di ciò che non va. Crediamo necessaria un’alleanza politica in grado di mettere a critica il principio di autorità medica anche dall’interno, affinché il nostro lavoro di operator* di salute rappresenti un vero servizio alla comunità e non un mero esercizio di potere.
Da qui la campagna #luoghidicuranondipaura che potete continuare a seguire sulle nostre pagine Instagram alla quale potete contribuire compilando il form presente sul sito https://luoghidicuranondipaura.noblogs.org/ o sugli adesivi disseminati in tutta la città.